L’articolo 46 del decreto Cura Italia, in seguito alla quasi totale chiusura degli esercizi commerciali, industriali, artigianali e del terzo settore, dispone la sospensione dal 17 marzo 2020 al 16 maggio 2020, dell’avvio delle procedure di riduzione collettiva del personale e dei licenziamenti individuali per giustificato motivo (pendenti dal 23 febbraio), a prescindere dal numero dei dipendenti in forza.
Più specificatamente, riguardo ai licenziamenti collettivi, la disposizione ha conseguenze su:
- l’articolo 4 della legge n. 223/1991, il quale concede alle imprese non in grado di garantire agli operai la piena ripresa dell’attività al termine del periodo di integrazione salariale ordinaria, senza la possibilità di adottare misure alternative, la facoltà di avviare le procedure di licenziamento collettivo;
- l’art. 24 della legge n. 223/1991 relativo alla possibilità delle imprese con almeno 15 dipendenti, compresi i dirigenti, di effettuare in seguito ad una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, almeno 5 licenziamenti, nell’arco di 120 giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia.
Ciò si applica ad esempio sulle procedure di cessazione di attività: il datore non potrà farlo prima dello scadere dei sessanta giorni stabiliti dalla norma.
Le disposizioni dettate dal decreto non hanno effetto retroattivo sulle procedure collettive avviate prima del 23 febbraio, di conseguenza esse possono essere concluse normalmente.
Nel caso in cui una procedura di conciliazione si sia conclusa con un mancato accordo e il datore di lavoro debba procedere alla soluzione del rapporto per licenziamento, non è possibile che la lettera di licenziamento sia inviata prima del termine di sospensione previsto dall’articolo 46 del decreto. Ciò è concesso solo nell’ipotesi che la procedura si sia conclusa in maniera consensuale.
Relativamente ai licenziamenti individuali, la norma fa riferimento solo alle ragioni elencate dall’art. 3 della legge n. 604/1966 inerenti a) all’attività produttiva, b) all’organizzazione del lavoro e c) al regolare funzionamento di essa.
Continuano ad essere praticabili:
- i licenziamenti per giusta causa;
- i licenziamenti per giustificato motivo soggettivo, compresi quelli di natura disciplinare che comportano il rispetto della procedura di contestazione e difesa formulata dall’art. 7 della legge 300/1970;
- i licenziamenti per la fruizione del pensionamento per la quota 100;
- i licenziamenti dovuti al superamento del periodo di comporto;
- i licenziamenti per inidoneità;
- i licenziamenti dei dirigenti per cui la motivazione prevista è quella della “giustificatezza”;
- i licenziamenti dei lavoratori domestici;
- le risoluzioni dei rapporti di apprendistato al termine del periodo formativo.